22nd Dic

We Have a Dream – A j ò fat un sogn – Ravennafestival 2018

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We Have a Dream – A j ò fat un sogn

«I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin, but by the content of their character.
I have a dream today!»

«Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona contiene.
Io ho un sogno oggi!»

 

I have a dream (Io ho un sogno) è il titolo del discorso tenuto da Martin Luther King il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili nota come Marcia su Washington per il lavoro e la libertà: in esso il Reverendo King – con una cadenza da profeta biblico e rimandi a Lincoln e Gandhi – espresse la speranza che un giorno la popolazione di colore avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi.
Fra i più famosi discorsi del XX secolo, I have a dream è diventato simbolo della lotta contro il razzismo non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo, compendio di quella vita che il Reverendo King dedicò alla libertà e all’uguaglianza nel credo della non violenza, e che si concluse drammaticamente con il suo assassinio il 4 aprile 1968 a Memphis, cinquant’anni fa.
We Have a Dream prosegue il percorso iniziato dal Festival con l’edizione 2014, dedicata alla scoppio della Grande Guerra, con il quale si esplorano eventi cruciali e icone del secolo scorso nell’intento di comprendere meglio chi siamo – e anche: perché siamo diventati così.
In questo momento di smarrimento e inquietudine, grandi uomini come Luther King possono rappresentare guide e punti di riferimento, per non dimenticare errori e orrori passati, né lo spirito dell’Utopia, la forza del Sogno condiviso capace di sottrarci a visioni apocalittiche e distopiche.
Da sempre tra i più coraggiosi sogni che il Festival ha saputo sognare, il ponte di fratellanza de Le vie dell’amicizia raggiunge quest’anno Kiev: Riccardo Muti sarà sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro dell’Opera Nazionale d’Ucraina e dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini per il doppio concerto che unirà Ravenna a una delle più antiche città dell’Est Europa.
Un viaggio già illuminato dall’oro dei mosaici: simbolo di Kiev è infatti ancora oggi la Cattedrale di Santa Sofia, modellata su quell’Hagia Sophia di Costantinopoli le cui suggestioni si ritrovano anche nella ravennate San Vitale.
Accanto al concerto dell’Amicizia, Riccardo Muti dirigerà nella “sua” Ravenna, a 50 anni dal proprio debutto fiorentino, l’Orchestra del Maggio Musicale e un prestigioso cast vocale (Luca Salsi, Vittoria Yeo, Francesco Meli, Riccardo Zanellato) nel Macbeth di Verdi in forma di concerto.
Il programma sinfonico si completerà con grandi orchestre e direttori: mentre alla guida dell’Orchestra Cherubini si alterneranno Wayne Marshall, Dennis Russel Davies e David Fray, Valery Gergiev e James Conlon guideranno rispettivamente l’Orchestra del Teatro Marinskij e l’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI; a L’arte della fuga di J. S. Bach sarà invece dedicato il concerto di Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone.
Per la danza, tornano al Festival Bill T. Jones ed Emio Greco, quest’ultimo – che dirige il Ballet National de Marseille assieme a Pieter G. Scholten – con il nuovo lavoro Apparizione, incentrato sui Kindertotenlieder di Gustav Mahler.
E se il programma sarà scandito dal susseguirsi di nomi prestigiosi e amatissimi dal pubblico, il Festival non dimentica la voce stessa della città, con la quale continua a sognare una manifestazione capace di celebrarne il patrimonio unico al mondo.
Quel patrimonio protagonista degli eventi quotidiani Giovani artisti per Dante, che celebrano il Poeta nei Chiostri accanto alla sua Tomba, e Vespri a San Vitale, gli appuntamenti nella più iconica delle basiliche cittadine; queste ultime accolgono inoltre, come ogni anno, concerti di raffinati interpreti e le liturgie domenicali della rassegna In templo Domini.
Di fronte alla polifonia di temi, suggestioni, visioni di questa XXIX edizione, che da un lato scorre Nelle vene dell’America – la terra del sogno per eccellenza – e dall’altro celebra con Il canto ritrovato della cetra la resilienza della musica e dell’arte, come non esclamare A j ò fat un sogn?

 

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